Laura si lamenta di finire per litigare con chiunque, e sembra soffrirne. Ciononostante, continua ad essere la paladina di atteggiamenti prepotenti e inflessibili e a non riconoscere mai i propri torti. Il risultato è che attorno a lei si fa sempre più terra bruciata.

Anna vorrebbe tanto liberarsi dall’ansia di cui soffre da anni. Poi però, trasforma in tragedia ogni piccolo inconveniente, parlandone e lamentandosi, e riparlandone e continuando a lamentarsi. Il risultato è l’aumento dell’ansia.

Corinna dice di risentire dello stress da pandemia. Invece di ritagliarsi uno spazio quotidiano da dedicare ad attività che le piacciano e la distolgano dall’argomento pandemia, pensa bene di attaccarsi ad internet per raccogliere ogni genere di immondizia informatica. Il risultato è di sentirsi sempre più stressata.

Spessissimo ci focalizziamo su un sintomo emotivo sgradevole, o su una certa situazione scomoda che ci coinvolge, di cui vorremmo tanto liberarci o che vorremmo diversa. Ci relazioniamo al “problema” come fosse un alieno, che non si sa come, è piombato su di noi a rovinarci la vita. Assumiamo quindi la ben nota e comunissima posizione passiva di vittima, degli eventi, degli altri, del destino avverso.

Non ci rendiamo conto che siamo proprio noi, ripetendo certi pensieri e comportamenti, ad imboccare con cura il nostro “problema”. Di fatto, svolgiamo un ruolo del tutto attivo nei suoi confronti.

L’approccio cognitivo comportamentale prevede di conoscere razionalmente il “problema” (anche con l’aiuto dello sguardo esterno di un terapeuta), in termini di causa- effetto, e di provare ad attuare comportamenti differenti.

Probabilmente non sarà un approccio risolutivo, perché altri elementi importanti sono sempre coinvolti nella genesi e nel mantenimento del “problema”. Penso all’imposizione che deriva dal proprio temperamento, e ai condizionamenti delle nostre storie infantili (usati però spesso come una giustificazione deresponsabilizzante).

L’approccio cognitivo comportamentale produce comunque dei risultati positivi.

Applicandolo, si corre addirittura il rischio di aumentare la percezione personale di efficacia, con prevedibili conseguenze sull’autostima. Tuttavia, il metodo cognitivo comportamentale è indicato solo per persone con una buona capacità riflessiva, e soprattutto che vogliano provare ad intervenire sul proprio problema dandosi seriamente da fare. Sì, c’è da impegnarsi.

I Fiori di Bach, dal canto loro, sono in grado di affiancare e sostenere un approccio di questo tipo agendo su due fronti. Da un lato, intervenendo sugli stati emotivi che alimentano proprio quei comportamenti dannosi e modificandoli progressivamente; dall’altro, aumentando la consapevolezza della persona rispetto alle proprie emozioni e conseguenti atteggiamenti. Tutto ciò, affinché il processo risulti più agevole e di maggiore gratificazione.

Impegno sì, ma se si può scegliere una strada più comoda, perché rifiutarla?

Laura, con l’aiuto dei rimedi Vine e Rock Water, si sentirebbe meno rigida e impositiva, e sarebbe più motivata alla tolleranza ed al rispetto degli altri. Risultato più evidente: diminuzione della rabbia e migliori relazioni interpersonali.

Anna, con l’aiuto di Heather e Willow, sarebbe in grado di ridimensionare e superare gli inconvenienti che le accadono. Risultato più evidente: indebolimento dell’ansia.

Corinna con l’aiuto di Chicory e Mimulus, sarebbe meno intimorita e sentirebbe meno il bisogno di controllare ossessivamente l’evoluzione della pandemia. Risultato più evidente: diminuzione dello stress.

E’ sempre necessario molto lavoro (e ancor prima una forte motivazione che solleciti al cambiamento), ma i Fiori effettivamente danno una gran spinta.

Provare per credere.

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